Editoriale – Novembre 2021

“Giovani e Vescovi”: una Chiesa di cui far parte

di Michele Ottini

Via Editoriale

Partiamo dalla conclusione. Ore 17: è il momento di salutare i compagni di viaggio, con i quali si è vissuto il confronto durante l’evento “Giovani e Vescovi”; la sensazione che resta nel cuore è la certezza di aver fatto esperienza di Chiesa, quella vera, quella con la C maiuscola. Tornando con i mezzi penso: “A questa Chiesa, io sento di fare parte”.

Al giorno d’oggi, a maggior ragione nell’era “post-Covid”, non è facile avere occasioni di dialogo vero, profondo, costruttivo con ragazzi e ragazze, coetanei, provenienti da tutta la regione per scambiarsi idee e prospettive; invece, in Duomo, nella mattinata di sabato scorso, abbiamo avuto 2 ore e mezza abbondanti per discutere nei vari tavoli di tematiche grandi e sfidanti: ecologia, lavoro e vocazione, affetti, riti, intercultura. Per di più, in ogni gruppo c’era anche un vescovo, desideroso di ascoltare ed interrogarsi con noi giovani sulle nuove sfide che la Chiesa lombarda è chiamata ad affrontare. Giovani e Vescovi: due vocazioni complementari e ugualmente importanti, due ruoli differenti, per costruire la stessa casa.

Questi aspetti hanno reso l’iniziativa davvero fuori dall’ordinario e hanno sostenuto ancor di più l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco dei partecipanti (più di 200 giovani lombardi, dalle varie Diocesi). Un piccolo dettaglio rilevante è stato il seguente: gli spunti e i contributi significativi erano così tanti che il tempo a disposizione è “volato via” e sarebbe stato ancor più bello se ci fosse stata ancora qualche ora aggiuntiva per terminare compiutamente i grandi discorsi iniziati.

Personalmente ho potuto partecipare al tavolo incentrato sul tema “Affetti, la vita e il dono di sé”, insieme a Mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo ed altri 12 giovani dalle varie diocesi lombarde. Prima di iniziare l’emozione era tanta perché avevo la sensazione e la speranza di aver di fronte un momento decisivo, uno spartiacque per la Chiesa lombarda. Da neosposo ventottenne, al tavolo sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla maturità e dalla profondità di tanti ragazzi di 18-21 anni che avevano già potuto approfondire e interiorizzare aspetti grandi della vita affettiva… che io al tempo non avevo molto ben chiari!

Dalla condivisione è emersa una prima buonissima notizia. Nelle settimane precedenti, ciascun partecipante era chiamato a confrontarsi con amici, colleghi, conoscenti, atei o credenti, vicini o lontani alla Chiesa, favorevoli o contrari al matrimonio cristiano. Tutti noi abbiamo riscontrato un forte desiderio di Amore (con la A maiuscola), radicato nei giovani. Questa chiamata profonda permea davvero tutte le circostanze della vita: la famiglia, gli amici, le relazioni affettive: dai sondaggi emerge la centralità dell’Amore nei progetti di tutti. Ci sono però degli ostacoli che rischiano a volte di deviare o fermare questa aspirazione alta: le dinamiche difficili vissute nelle famiglie d’origine che noi ragazzi possiamo avere alle spalle;  le ferite profonde che alcune relazioni possono aver provocato alla nostra sensibilità e fiducia; l’insistente messaggio dei social media, finalizzato all’autorealizzazione individuale e personale. Questi macigni, spesso, hanno purtroppo la forza di disilludere noi ragazzi, mettendo in difficoltà le coppie che con fatica cercano di affrontare le relazioni in modo serio e colpendo duramente il desiderio importante dei single. Può succedere allora che il matrimonio e il “per sempre” siano ormai visti come un’utopia irrealizzabile, come una tappa forzata derivante da un retaggio pesante del passato che non trova più spazio nelle complesse dinamiche del presente.

Durante la mattinata, ci siamo anche interrogati sugli effetti dei condizionamenti culturali ed economici che possono costituire freni ulteriori allo slancio di noi giovani. Sul lato economico c’è stata totale unanimità: l’allungamento degli studi, la precarietà dei primi anni di lavoro (stage, contratti instabili e sottopagati), gli spostamenti tra le varie regioni per motivi professionali e di studio (affitti da pagare, sradicamento dal territorio) e tanti altri fattori noti… richiedono un intervento serio e una riflessione urgente da parte della Chiesa e dello Stato. Gli investimenti finalizzati ad incoraggiare il lavoro oppure a sostegno delle coppie giovani, a supporto della nascita  di figli non possono essere più rimandati e sacrificati in favore di altre scelte politiche discutibili. Sul lato culturale invece le difficoltà sono ancora più preoccupanti: come possono i single dedicare tempo di qualità alle conoscenze o come possono le coppie approfondire il loro rapporto se gli orari di lavoro sono sempre più disumani ed estenuanti, tanto da occupare 10 ore a giornata? Dove possono gli studenti trovare energie fresche per coltivare la loro vita quando lo studio si fa sempre più pressante e il carico scolastico occupa interamente la giornata? Ecco allora come nella società di oggi possa succedere che, dopo aver investito sudore e denaro per lo studio, le persone vogliano massimizzare la loro carriera e gli interessi personali… iniziando a pensare agli affetti di coppia e alla famiglia dopo i 35/40 anni. Nel mondo del lavoro accade spesso che le donne siano penalizzate per il desiderio di avere un bambino o di passare più tempo in famiglia; dall’altra parte è impensabile che un uomo possa avere un congedo parentale più lungo o che possa adottare un periodo di “part-time” per vivere da vicino la crescita dei figli. Tutti noi siamo stati concordi nell’affermare che la situazione è  ormai inaccettabile e insostenibile: come Chiesa dobbiamo opporci fermamente a queste dinamiche e sollevare la questione anche a livello politico. La valorizzazione umana della figura femminile (soprattutto) e maschile, la garanzia di condizioni lavorative favorevoli alla nascita dei figli devono essere una priorità per il nostro Paese e dobbiamo anticipare queste tematiche anche agli adolescenti affinché possano essere accompagnati nella presa di coscienza di queste difficoltà e non rimanere schiacciati improvvisamente dai pesanti ingranaggi della società moderna.

Nonostante le difficoltà evidenziate, il fine dell’incontro era soprattutto quello di identificare dei possibili spunti concreti su cui la Chiesa potrà interrogarsi nei prossimi mesi. Con mia grande sorpresa, l’opinione di tutti i presenti e degli “intervistati” era concorde su un primo punto fondamentale: devono esserci percorsi di gruppo che possano accompagnare i giovani nella costruzione e nello sviluppo delle relazioni affettive, anche attraverso testimonianze di vita vissuta di altre coppie più avanti nel cammino; c’è il rischio infatti che le coppie si percepiscano come tante isole separate, con la fatica di non poter condividere con altri fidanzati le paure e le difficoltà. La crescita dell’Amore in una relazione non è solo una progettualità umana ma anche e soprattutto una vera vocazione, tutta da scoprire.

In mancanza di queste opportunità, la Chiesa spesso “saluta” i ragazzi e le ragazze dopo il cammino adolescenti per poi sperabilmente ritrovarli al corso prematrimoniale. È arrivato il momento di colmare questo “buco formativo” con occasioni di ascolto e di confronto, che partano dagli affetti  vissuti dai giovani, per ritrovare nelle pieghe del quotidiano l’importanza dei temi che la Chiesa ha a cuore. Altrimenti, accadono questi paradossi: sono necessari sette anni di seminario per formare un giovane al sacerdozio e spesso “bastano” sette incontri in parrocchia per accompagnare al sacramento del matrimonio giovani che hanno già deciso di sposarsi (e che come dato di fatto, senza scandalizzare nessuno, spesso convivono già e hanno anche dei figli).

Le stesse tematiche valgono in egual misura anche per i single che spesso sono guardati con sospetto, come se fossero gli stolti o gli individualisti che non hanno ancora preso sul serio la vita e le relazioni; al contrario, i single spesso preferiscono aspettare prima di intraprendere relazioni improvvisate, incoraggiate a volte dalle ferite del passato o dalla paura di rimanere soli. Per questo la Chiesa deve accompagnarli a scoprire che anche loro hanno una vocazione grande in questo mondo, senza dover aspettare con tristezza l’arrivo di un partner per poter diventare protagonisti nell’oggi. Come un vero medico e non come giudice, la Chiesa deve prendere seriamente in considerazione le stesse paure, ferite e i desideri di ascolto che hanno nel cuore anche i giovani omosessuali, i conviventi o le coppie divorziate.

Un’altra priorità condivisa è quella di instaurare occasioni di dialogo su tematiche complesse come la convivenza, la castità, la verginità, i diritti delle comunità LGBT, la sessualità, la pornografia. Se la Chiesa non affrontasse questi aspetti, gli adolescenti e i giovani continuerebbero ad elaborare i propri pensieri e le opinioni personali a partire da discorsi frammentari e spesso confusi, trovati su internet o sui giornali. Mantenere questi “tabù”, crea delle pericolose zone d’ombra e di silenzio; invece, l’importanza del linguaggio costruttivo e la centralità dell’Amore in cui crediamo (il primo comandamento nel Vangelo è quello “dell’Amore”) devono essere riconosciute dalle parrocchie, dalle associazioni e dalle Diocesi nel pianificare le attività dei prossimi anni. Tutto questo richiede che educatori, laici, preti e religiose siano formati e pronti per iniziare questi cammini di prossimità, di ascolto, di dialogo vero e fraterno. Per incontrare i giovani, infatti, bisogna investire tempo e giocarsi fino in fondo per entrare in sintonia e comprendere la loro prospettiva diversa. 

Infine, meritano di essere citate alcune proposte provocatorie che sono emerse nel corso della condivisione: perché non utilizzare le abitazioni parrocchiali vuote e gli appartamenti diocesani liberi per iniziare esperienze comunitarie che coinvolgano una decina di giovani diversi ogni anno? Sarebbero occasioni di vera famiglia per i coinquilini, che possono agevolare l’uscita dalla casa dei genitori e portare un cammino di crescita umana e spirituale condiviso. E ancora, perché non promuovere come Chiesa dei fondi regionali che possano raccogliere periodicamente donazioni e offerte a favore delle coppie che vogliono sposarsi ed avviare una vita da famiglia? Come comunità cristiana, si potrebbero sostenere desideri belli e grandi, che altrimenti resterebbero bloccati per anni in attesa di una qualche stabilità economica.

È chiaro ormai che come giovani, chiediamo una vera rivoluzione copernicana: nelle omelie, nei programmi parrocchiali e diocesani, nella politica, nelle agende professionali e personali questo Amore e gli Affetti devono essere sempre al primo posto.

Un grazie particolare è indirizzato all’Arcivescovo Mario Delpini per aver avuto questa intuizione “profetica”, a Mons. Beschi per averci ascoltato e per aver dialogato con noi quella mattina, a tutti gli organizzatori di Odielle per aver realizzato un evento sinodale così significativo da non poter rimanere “un unicum”, a Giacomo Poretti per averci regalato con il suo stile una bellissima riflessione sull’anima.

Come ultima cosa, dedico un ringraziamento speciale a tutti i giovani colleghi che si sono messi in gioco con tutto sé stessi negli altri tavoli; gli spunti emersi sui temi fondamentali dell’ecologia, del lavoro, dell’intercultura e dei riti meriterebbero altrettanti articoli e sono certo che non resteranno soltanto parole ma potranno costituire un punto di partenza per progetti concreti.

La speranza è di rivedersi presto per vivere insieme la prossima “tappa sinodale”!