L’EDUCAZIONE DEI GIOVANI: DELUSIONE, DIFFICOLTA’, SPERANZE
via Editoriale
“La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, se ne infischia dell’autorità e non ha nessun rispetto per gli anziani. I ragazzi d’oggi sono tiranni. Non si alzano in piedi quando un anziano entra in un ambiente, rispondono male ai loro genitori.” Potrebbe sembrare una frase di un autore contemporaneo, di qualche educatore o genitore che si lamenta dei propri ragazzi in un’epoca – quella attuale – in cui si crede che il rispetto sia un concetto antico, relegato ai tempi passati. E invece vi sorprenderà scoprire che questa citazione è di Socrate, filosofo greco, che visse dal 469 al 399 prima di Cristo. E come lui altri, da Seneca a Leopardi, si sono lamentati del fatto che “i giovani d’oggi non sono più quelli di una volta”. Verrebbe da chiedersi quand’è stata questa “una volta”, visto che questa frase viene ripetuta addirittura da millenni! Ogni epoca storica, per motivi differenti, deve fare i conti con diverse e svariate difficoltà nell’ambito dell’educazione: nella nostra epoca esse sono dovute al rapido mutamento sociale, tecnico e scientifico a cui siamo soggetti e che chiaramente condiziona il nostro rapporto con gli altri e con il mondo. I nostri ragazzi e i nostri giovani si trovano di fronte ad un vero e proprio “bombardamento” di informazioni, di possibilità e di proposte che molto spesso fanno fatica a gestire. E anche noi educatori. Quali possono essere oggi, allora, le principali difficoltà? Mi sembra di poterne individuare quattro:
- Una prima difficoltà è a mio parere riconducibile a quel discorso, a cui ho fatto accenno prima, sulla pluralità delle voci che porta come conseguenza alla fatica nel riconoscere la vera autorità. Cercherò di spiegarmi. Oggi viviamo in un’epoca in cui siamo sempre connessi, noi come i nostri ragazzi, con l’inevitabile conseguenza che internet la faccia da padrone: il rischio, e purtroppo ormai è qualcosa di più di un rischio, è che non si riesca a distinguere le voci meritevoli di fiducia da quelle che non lo sono. Pensiamo a tutto il discorso che sta sempre di più dilagando ultimamente delle fake-news, notizie prese da siti poco attendibili, create ad arte per alimentare odio e divisioni, e condivise sui social senza accertarsi della loro veridicità. Trappola in cui cadono anche molti adulti. Per i più giovani il rischio è più alto ovviamente, perché potrebbero essere portati a seguire dei modelli che di educativo non hanno niente, senza contare poi il pericolo proveniente da adescatori che si fingono loro coetanei. Spesso conta di più ciò che si legge su fecebook che quello che viene detto dal genitore o dall’insegnante.
- Un secondo problema consiste nella rapidità dei cambiamenti, in particolar modo dei cambiamenti delle mode che, di volta in volta, “conquistano” i nostri ragazzi. Lo scorso anno è stato l’anno della bootle flip (il gioco del lancio della bottiglia) e dei fidget spinner (le moderne girandole), entrambe diffuse via web; esse, pur nella loro diversità, sono sintomo di quanto un canale youtube o un gruppo su whatsapp possa dettare le mode e possa influenzare, “conquistare”, milioni di ragazzi in tutto il mondo. Non sempre queste mode sono innocue, come nel caso della blue whale, gioco che ha portato addirittura al suicidio di alcuni giovanissimi. Se l’educatore e il genitore non riescono a stare al passo di queste mode possono correre il rischio di sottovalutare alcuni segnali che potrebbero essere sintomo di difficoltà e disagi più gravi.
- Un’evidente difficoltà sta anche – e soprattutto, forse – nella mancanza di “alleanze educative”: troppo spesso le agenzie deputate all’educazione funzionano in modo autonomo, senza parlarsi e senza concordare linee e obiettivi comuni, cosa che sarebbe fondamentale per evitare che i ragazzi si trovino ancora di più disorientati. E’ più che mai necessario che famiglia, scuola, parrocchia e mondo dello sport tornino a dialogare e a guardare nella stessa direzione. Senza dialogo i rischi sono molteplici: genitori che si mettono a fare sempre più gli avvocati difensori dei figli, o in alcuni casi, peggio ancora, i loro amiconi, insegnanti che si trasformano in “burocrati” della pubblica amministrazione senza essere animati da una sana passione educativa, allenatori che pensano di essere piccoli Guardiola o Mourinho, oratori che si ritrovano ad essere niente di più che bar o luoghi di ritrovo e via discorrendo.
- L’ultimo punto è quello che riguarda la trasmissione della fede, ambito in cui la difficoltà è notevolmente amplificata. Siamo di fronte oggi alla prima generazione incredula, per dirla con don Armando Matteo, autore di un libro dal medesimo titolo. Quanto detto nei punti precedenti non favorisce senz’altro il nascere e lo svilupparsi della domanda su Dio e di un cammino spirituale nella vita dei giovani. Anche la testimonianza di fede che noi adulti diamo è spesso arida, spenta, se non addirittura assente. E’ un altro aspetto su cui lavorare, dato che il cristianesimo si è diffuso fin dalle origini sì con l’annuncio, ma soprattutto con la testimonianza credibile di chi ha incontrato Gesù Cristo nella propria vita.
Ho aperto con le parole deluse di Seneca, che non intravedeva nessun futuro nei giovani del suo tempo. Chiudo con quelle cariche di speranza e di amore per i giovani che San Giovanni Paolo II indirizzò a Tor Vergata ai ragazzi della GMG del 2000, ma che sono ancora attuali, quasi una preghiera che sale a Dio da ogni educatore: “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna. Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui.”
Grego