Editoriale – Ottobre 2018

OTTOBRE 2018 IL MESE DEL SINODO DEI GIOVANI 

via Editoriale

Dal 3 al 28 ottobre si terrà a Roma la XV assemblea generale ordinaria del sinodo dei Vescovi, che per volere di Papa Francesco tratterà il tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Viene chiamato Sinodo dei giovani sia perché i pastori della Chiesa, uno per nazione, si occuperanno dell’attenzione della comunità cristiana alle giovani generazioni e alle loro scelte di vita, sia perché i giovani non sono solo “il tema” dell’assemblea, ma anche protagonisti, essendo stati interpellati e coinvolti nella fase preparatoria.

Per parlare del sinodo in modo utile, però, risultano necessarie alcune chiarificazioni.

La fascia d’età presa in considerazione è quella che va dai 16 ai 30 anni, con tutte le precisazioni che tale scelta comporta. Il Sinodo riguarda la Chiesa universale, quindi si occupa della vita dei giovani in condizioni culturali differenti: in alcune zone del mondo a 16 anni si hanno già moglie e figli, mentre in altre, come la nostra per esempio, si è appena entrati nell’adolescenza. Le possibilità, il contesto sociale, le priorità e le sollecitazioni che le giovani generazioni hanno a New York sono differenti da quelle di Rio de Janeiro, da quelle di Kampala o da quelle di Pavia. Inoltre, l’esperienza di chiesa ed il modo in cui ad esse viene annunciata la fede varia a seconda della regione, molte volte già all’interno della stessa nazione: basti pensare al ruolo che gli oratori hanno avuto e hanno ancora, pur con mille difficoltà, nel nord Italia rispetto al sud, dove sono invece più presenti l’associazionismo e la spinta dei movimenti.

Infine il tema: il termine vocazione è spesso equivocato dalle nostre comunità, la tendenza è quella di fare riferimento ad esso quando si parla della chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata. In realtà per vocazione si intende – e questo non solo al Sinodo! –la chiamata di ogni battezzato ad essere testimone del Vangelo con la propria vita, a realizzare il bene.

Fatte queste doverose precisazioni, possiamo ora chiederci quali sono le problematiche che il Sinodo è chiamato ad affrontare. Come tutte le realtà locali, anche la Pastorale Giovanile della nostra Diocesi è stata chiamata a dare il proprio contributo: è stata consegnata all’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, che sarà il rappresentante della Chiesa Italiana al Sinodo, una breve lettera con i tre punti su cui, a nostro parere, è doveroso interrogarsi e lavorare:

  1. emerge la necessità di far nascere nei giovani la domanda sul fatto che i protagonisti della nostra vita siano due: io e Dio. L’uomo è protagonista della propria vita e Dio interviene in essa attraverso la sua Parola, i Sacramenti e la Chiesa. E’ importante quindi tornare a spostare il fuoco della parola vocazione su questo, cioè sulla vita come vicenda condivisa: non ci sono progetti imposti dall’alto, quasi che l’uomo debba essere predestinato a percorrere la strada che Dio ha tracciato per lui, ma c’è una proposta di vita buona che ognuno di noi è chiamato a realizzare in base alle proprie attitudini, facendo fruttare le proprie capacità. Ai giovani è necessario dire questo: che Dio ha a che fare con la loro vita, che può renderla buona se lo sappiamo ascoltare.
  2. La nostra pastorale appare inadeguata ai tempi: riproponiamo il modello di decine di anni fa senza provare nuove strade. Siamo capaci di metterci in discussione? Occorre interrogarsi su cosa significhi veramente “chiesa in uscita”, sull’opportunità che il primo annuncio debba essere fatto intercettando i giovani nei loro luoghi e non più convocandoli nei nostri. Questo perché a volte sembriamo avere più a cuore le strutture e il loro funzionamento che le persone che le frequentano, finendo poi per non emanciparle (“l’oratorio non è per sempre”, ha di recente scritto Mons. Delpini agli oratori milanesi).
  3. Per operare questo tipo di cambiamento nella pastorale non si può improvvisare: occorre una formazione degli operatori della pastorale giovanile che sia adeguata alle nuove sfide. Questo vale sia a livello centrale, diocesano, sia a livello parrocchiale. Se non partiamo dal presupposto che formazione e aggiornamento siano oggi indispensabili, corriamo il rischio tutti – volontari, educatori e sacerdoti – di fare più danni che bene.

La speranza non è ovviamente quella che il Sinodo risolva d’incanto tutti questi problemi, sarebbe solo un’utopia, ma è che da esso possa iniziare una nuova evangelizzazione delle giovani generazioni, più adatta ad affrontare le sfide che la società di oggi ci mette davanti.

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